Alessandro Geraldini nacque ad Amelia in Umbria (attualmente in provincia di Terni) intorno al 1455.
La sua famiglia aveva un elevato spessore sociale tale da fornire funzionari ed intellettuali a livello nazionale ed internazionale agli Stati dell’Europa per almeno due secoli fra il 1400 ed il 1500.
Alessandro compì i suoi studi sotto il rinomato maestro Grifone, che fu un esponente di punta della “nuova” scuola umanistica, conseguendo una institutio di alto livello.
A partire dai primi anni Settanta del sec. XV seguì in Aragona lo zio Angelo ed il fratello Antonio, diplomatici di alto rango presso la corte di re Giovanni II. Insieme a loro entrò nella diplomazia aragonese per poi portare avanti una serie di missioni diplomatiche delicatissime, in Italia, in Francia, in Inghilterra.
Operò da precettore e cappellano per le figlie di Ferdinando e Isabella, e di Caterina d’Aragona.
Organizzò le nozze con eredi al trono d’Inghilterra, prima Arturo nel 1501, poi, dopo la morte di questi, con Enrico (il futuro Enrico VIII).
Nel 1507 il re Ferdinando lo nominò vescovo di Volturara (attualmente in provincia di Foggia).
Continuò le sue missioni diplomatiche, anche su invito di cardinali e pontefici, e predicò la crociata in nord Europa tra il 1515 ed il 1518.
Nel 1516, dopo la morte del primo vescovo Garçia de Padilla, il quale non ebbe mai modo di raggiungere la sua sede, venne nominato vescovo di Santo Domingo, nel “Nuovo Mondo” spagnolo: si trattò della vera svolta della sua vita, nel bene e nel male
Raggiunse la sua sede solo alla fine del 1519 e vi restò fino alla morte nel 1524: è sepolto nella cattedrale dominicana da lui stesso fondata.
I suoi anni di episcopato sono stati pochi ma molto intensi, al punto di poterli definire drammatici: ne sono documento la sua corrispondenza diretta ed un’opera odeporica, l’ Itinerarium ad regiones sun equinoctiales plagas constitutas.
Geraldini si trovò, in quanto vescovo, coinvolto in pieno in quello che può essere definito (senza timore di esagerare) l’olocausto degli Indios, falcidiati e decimati sia dai lavori di schiavitù ai quali venivano costretti dagli Spagnoli che dalle malattie infettive dagli stessi introdotte in America.
Le testimonianze di un Bartolomeo di Las Casas o di un Antonio di Montesinos descrivono lo sfondo tetro all’interno del quale la Chiesa era costretta a muoversi in un mondo ancora «ignoto» e «selvaggio» come Geraldini stesso lo definiva, ed egli, da Vescovo, non ebbe alcuna paura ad affrontare la prepotenza e la violenza della rapace dirigenza spagnola d’oltremare, tutta intenta ad arricchirsi alla grande ed in breve tempo.
Alessandro Geraldini è stato quindi storicamente il primo vescovo a mettere piede nelle Americhe: ha quindi avuto un compito epocale, quale quello di fondare una nuova Chiesa in un “nuovo mondo”, nella quale fu pastoralmente e politicamente attivo nonostante possano sembrare troppo pochi i quattro anni e mezzo passati nella sua Diocesi (quella di Santo Domingo) prima di morire l’8 marzo 1524.
Geraldini fu anche un brillante scrittore, in grado di lasciare una testimonianza viva e drammatica dei rapporti di potere tra Spagnoli e Indios, tra europei e autoctoni negli anni successivi alla «scoperta» del 1492, testimonianza tanto più importante in quanto rilasciata da un prelato secolare (e non dunque un frate, come Bartolomeo di Las Casas o Antonio di Montesinos), quindi tenuto per ruolo a mantenere un contatto stretto con la dirigenza politica locale, contro la quale non esitò a schierarsi per denunziarne l’inumana rapacità che correva velocemente verso una sorta di genocidio più o meno pianificato.
Alessandro Geraldini fu quindi al centro operativamente di quella che per molti anni fu la diocesi di gran lunga più importante d’America per molti anni: ebbe un impatto non trascurabile non solo sui problemi economici e giuridici del posto, ma anche quelli filosofici e culturali nel senso più ampio e più forte del termine (avendo avuto la necessità di affrontare questioni storicamente nuove, quali ad esempio gli interrogativi sul fatto che gli Indos avessero o meno un’anima e dei diritti).